SECRET AGENT MAN

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Now don't you call James Bond or Secret Agent Man
Cause they can't do it, like I can
I'm a rocker, baby, I'm a rocker — and I talk
.
(Bruce Springsteen)
[Lasciamo al lettore di stabilire la complessa
connessione fra questa citazione e i fatti narrati]

 

Orazio Spampinato non era quel che suol dirsi un uomo di bella presenza. Era abbastanza alto ma era grasso e, nonostante fosse di complessione robusta, il suo corpo aveva un'apparenza flaccida e cascante. Ciò era tanto più strano perché la sua robustezza non era una semplice conseguenza della sua mole: infatti i muscoli di Orazio Spampinato erano davvero d'acciaio, la sua resistenza fisica illimitata e capace di affrontare senza conseguenze visibili qualsiasi fatica. Era proverbiale, tra i pochi che lo conoscevano e sopratutto fra i pochissimi che ne frequentavano la rarefatta presenza, il fatto che avesse bisogno di dormire pochissimo, che fosse capace di restare in piedi un numero incredibile di ore, senza mangiare, senza bere, senza parlare. Questa resistenza fisica, che lo rendeva a tratti quasi simile ad una macchina, era forse la qualità che l'aveva spinto all'attività di investigatore privato: nessuno era capace di eseguire un appostamento o un pedinamento come Orazio Spampinato. Per il resto, nulla lo rendeva simile ad una macchina. Non ne aveva la lucidità, la perfezione, l'aspetto brillante e compatto. Le sue virtù, per così dire, "meccaniche" erano nascoste in lui, come i muscoli d'acciaio e la resistenza fisica erano nascosti dall'apparenza flaccida e cascante: nulla all'esterno forniva un indizio di queste sue capacità. Al contrario. Forse soltanto gli occhi, che erano esoftalmici, grossi e perfettamente rotondi: a tal punto, che non si riusciva neanche ad immaginarli chiusi. Questo forse era il solo indizio esterno della impressionante resistenza di cui si diceva: la possibilità del sonno appariva completamente estranea alla struttura dei suoi occhi, a tal punto che c'era da chiedersi se, nei rari momenti in cui dormiva, non lo facesse ad occhi aperti. Per il resto, Orazio Spampinato aveva dei capelli radi e assai corti sul cranio rotondo, un'espressione immota e inerte, le labbra cascanti e semiaperte sormontate da un naso grosso e leggermente bitorzoluto. Il collo era corto e taurino.

Sarebbe difficile descrivere le virtù (si fa per dire) intellettuali e spirituali di Orazio Spampinato, visto che parlava pochissimo e dava l'impressione di pensare pochissimo. Chi lo ha conosciuto e chi ricostruisce la sua storia sulla base delle poche testimonianze esistenti, tende a ritenere che egli si fosse dato all'attività di investigatore privato non certo per speciali capacità investigative e di analisi (tutto rafforzava la convinzione che fosse completamente negato su questo piano), bensì per le straordinarie e quasi disumane capacità fisiche di cui si diceva prima e che sostenevano, in certo senso, la sua debole mente, permettendogli di conseguire la conoscenza di fatti che altrimenti egli sarebbe stato totalmente incapace di ottenere per via d'analisi e di deduzione.

E' indubbio che questa debolezza era stata fin dall'inizio uno dei più gravi handicap nell'attività di Orazio Spampinato. La sua insuperabile resistenza era riuscita a fargli proseguire l'esercizio della professione ma con risultati in definitiva assai modesti, al punto che i suoi introiti si erano fatti via via più miseri, fino all'indigenza. I suoi clienti si rendevano rapidamente conto che le sue qualità dovevano essere sostenute da un'attività di collegamento ed analisi dei fatti che egli raccoglieva diligentemente, un'attività che competeva al cliente perché lui non era in grado di svolgerla: altrimenti, era come se queste qualità non esistessero. E nessuno aveva voglia di pagare una persona che non era in grado di fare più della metà di ciò che gli si chiedeva.

Giunto alla disperazione — anche qui, si fa per dire, perché nulla tradiva all'esterno un simile sentimento, al punto da non poter dire se lo provasse realmente — Orazio Spampinato non sapeva come tirar avanti una vita già grama, né riusciva a concepire la possibilità di un'attività lavorativa diversa. Era ormai disposto a tutto pur di trovare qualcuno che lo salvasse, anche alle forme di dedizione più abbiette. Per salvarsi aveva bisogno di trovare la metà mancante e ciò appariva difficile, quasi impossibile: eppure il miracolo accadde.

Non ci soffermeremo qui a descrivere la persona che prese saldamente in pugno le redini di Orazio Spampinato, al punto di farne uno schiavo completo: ciò richiederebbe un trattato a parte, il che forse tenteremo di fare un giorno. Ci limiteremo qui a delineare alcuni tratti della sua personalità, quelli interessanti per la nostra storia. La complessità psicologica di Barbara sfida infatti qualsiasi tentativo di descrizione esaustiva. Sarebbe corretto dire che era altera e spirituale, chiusa in un mondo di pensieri molto astratti e generali. Ma la sostanza di questa sua spiritualità era pervasa da un interesse acutissimo per la realtà e la concretezza delle passioni umane, che pure considerava con un sentimento di irrefrenabile disprezzo. Questo mondo terreno, le cose, i sentimenti e le passioni di questa brulicante, imperfetta e volgare umanità suscitavano da un lato il suo disgusto, come quando si tocca qualcosa di impuro: il che si manifestava in certi suoi atteggiamenti, come quando reclinava il capo all'indietro e, osservando con sguardo apparentemente gelido l'"oggetto" che le stava di fronte, sollevava col dito la ciocca di capelli neri sulla fronte mentre il labbro inferiore si sollevava un pò sull'altro, formando un'espressione di contegnoso distacco che non di rado incuteva un panico timore nell'"oggetto" osservato. Ma, d'altro lato, questo impuro mondo terreno suscitava in lei una curiosità acutissima. Dotata di capacità di analisi non comuni, era capace di estrarre conclusioni estremamente penetranti dalle sue osservazioni e ciò riaccendeva continuamente in lei l'interesse per l'"esterno": la sua curiosità veniva continuamente alimentata dal compiacimento per il successo della sua attività analitico-deduttiva. Pochissimi elementi le bastavano per capire stati d'animo e situazioni estremamente complesse: una piega nel volto di chi le stava di fronte, il modo di sedersi o di muoversi, l'evoluzione delle sue occhiaie nel tempo, impercettibili sfumature nel tono e nel timbro della voce. Si può ben dire che la sua fosse una dimostrazione concreta della praticabilità del metodo di Sherlock Holmes, almeno sul terreno psicologico. Con la difficoltà che il suo disgusto a entrare eccessivamente a contatto con la rugosità degli oggetti terreni la privava a priori della possibilità di ottenere una quantità di informazioni che le sarebbero state altrimenti utilissime.

Non entreremo qui nell'analisi di come questi suoi interessi si svilupparono in un attivismo frenetico, né di come esso si conciliasse con il resto della sua vita: un giorno, quando avremo elementi sufficienti, ne parleremo nel trattato promesso. Sembra tuttavia che, crescentemente affascinata da questa sua attività, passasse lunghe notti a raccogliere dati ed elaborare analisi dei casi umani che le passavano di fronte, scrivendo centinaia di pagine che, quando saranno disponibili, costituiranno senza dubbio un corpus di importanza fondamentale nella costituzione di una nuova disciplina da lei sostanzialmente creata, di cui sarà affascinante studiare a fondo la metodologia.

Barbara era, in tutti i sensi, l'opposto di Orazio Spampinato: quanto costui era aderente ai fatti terreni ma sostanzialmente del tutto indifferente ad essi, tanto lei ne era freneticamente interessata ma detestava avvicinarvisi troppo; tanto Orazio era totalmente incapace di analizzare la mole immane di fatti che raccoglieva, tanto lei era capace di ricavare conclusioni vaste e profonde da un numero limitatissimo di osservazioni. Fu senza dubbio per questo che l'incontro tra i due ebbe successo. L'impossibilità per Barbara di addentrarsi troppo nel mondo concreto con i suoi piedi e le sue mani, limitava di fatto la portata delle sue ricerche, dei suoi studi e delle sue analisi. Orazio si presentava a lei come una utilissima protesi di cui poteva usufruire senza contaminarsi troppo con una attività il cui solo pensiero la disgustava. Costui, ridotto alla disperazione (sempre si fa per dire) accettò con entusiasmo il compenso tutt'altro che modesto che gli veniva offerto. Naturalmente, Orazio rappresentava per Barbara la quintessenza di ciò che detestava, anche per la sua totale irrilevanza spirituale e intellettuale (per non dire emotiva): mentre lo usava, sentiva quindi la necessità di tenerlo il più possibile lontano da sé e il disgusto che lui le provocava destava non di rado nel suo carattere altero e passionale reazioni violente che la conducevano persino a frustarlo. Il poveretto subiva questa situazione senza fiatare, incapace di capirla ma convinto che quella fosse l'unica via di salvezza dalla morte per fame. E probabilmente era proprio così. Barbara si era munita così di una serie di fruste, lunghe il più possibile per non avvicinarglisi troppo, di varie dimensioni e forme con cui teneva a distanza e puniva il suo sottoposto, quando la volgarità terrena di costui e la sua infinità stupidità facevano esplodere il suo disgusto. E la remissività con cui questi subiva le punizioni la facevano infuriare ancor di più.

L'occasione in cui Barbara assunse ai suoi comandi Orazio Spampinato fu data da una situazione in cui le sue capacità analitiche cominciarono ad infrangersi contro una situazione in cui gli elementi conoscitivi erano troppo deboli per permetterle di procedere troppo in là con la consueta penetrazione.

Racconteremo brevemente i fatti. Ci sembra anzi che la loro natura banale ed eccezionale al tempo stesso lasci che essi si commentino da soli.

Fu nell'occasione dell'incontro che Barbara fece, dopo molti anni di silenzio, con un vecchio amico di gioventù, tal Giorgio, individuo assai contraddittorio, la cui psicologia presentava un impasto di eccentricità e di banalità talmente intricato da rendere per noi, anche in questo caso, troppo complesso un tentativo di descrizione completa ma che, proprio per queste caratteristiche così divaricate, costituiva una vera sfida per la mente analitica di Barbara.

Costui si ripresentò alla sua porta in una strana veste: era carico di un passato di esperienze sentimentali drammatiche e confuse ed era appena uscito dall'ultima di queste esperienze, la più traumatica, malridotto e frastornato come una gallina bagnata. Di tutte queste esperienze, e dell'ultima in particolare, presentava dei giudizi sempre radicali ma sorprendentemente contraddittori, com'era conforme al suo agitato carattere. Il magma confuso che egli rovesciava di fronte a Barbara era davvero un materiale di estremo interesse, in cui occorreva affondare il bisturi dell'analisi e fare un lavoro di sezionamento e riordino estremamente preciso per ottenere risultati coerenti. Una vera sfida intellettuale, un'occasione da non perdere.

Nel corso di alcune lunghe 'sedute', Barbara raccolse a piene mani il materiale che le veniva buttato davanti: l'interesse per il caso rendeva più lieve del solito il senso di ripugnanza. Era indispensabile 'toccare' questi materiali, perché la quantità di informazione era pari alla confusione e al disordine con cui veniva presentato. Ciò la costrinse — si può immaginare con quale sofferenza — a incontri particolarmente lunghi, alcuni protrattisi fino all'alba. Per fortuna, questa fase fu breve: infatti la lunghezza degli incontri le toglieva il tempo di riordinare i dati e sviluppare il suo lavoro di analisi e l'intensità dell'attività le toglieva sonno ed energie. Quando il materiale raccolto fu sufficiente, diradò gli incontri e sopratutto li abbreviò nella durata. Poteva così correre subito a casa dove — secondo le scarne testimonianze — passava lunghe ore a riflettere e a scrivere. Sembra anche che compilasse delle tabelle e dei diagrammi che sintetizzavano in modo estremamente efficace i risultati delle sue analisi.

Trascorsero lunghi mesi, nel corso dei quali Barbara seguiva con interesse l'evoluzione psicologica del suo "oggetto" di ricerca: trovò persino il modo di essere presente nei luoghi di alcune sue peregrinazioni all'estero per seguire da vicino alcuni passaggi della sua evoluzione psicologica che riteneva cruciali. Il processo di lenta guarigione di Giorgio la interessava moltissimo e le interessava sopratutto verificare l'avverarsi delle previsioni che aveva formulato. Le bastavano ormai pochissimi dati per analizzare la situazione. Com'era sua abitudine, una contrazione del viso, uno sguardo, un tic, un abbassamento della voce, erano elementi sufficienti per dedurre un universo di conclusioni.

Ma quando la guarigione del soggetto raggiunse un livello oltre al quale, costui, tornato ad un attivismo che costituiva l'aspirazione massima delle sue agitate e irrefrenabili aspirazioni sentimentali, cominciò a volgersi sempre più verso l'esterno, seguire il corso della sua evoluzione diveniva sempre più difficile. Un muro di ignoranza fattuale ostacolava in modo sempre più insormontabile l'attività analitica di Barbara. Che faceva quello sconsiderato, come passava le sue giornate e, sopratutto, chi vedeva? Per quanto tentasse di negarselo, era evidente che i fatti, i fatti odiosi e amati al tempo stesso, le servivano.

Fu così che, con riluttanza estrema, avendo incontrato in circostanze poco chiare il sunnominato Orazio Spampinato, decise di assumerlo.

L'inizio di questo sodalizio fu un vero successo, una sintesi quasi armoniosa, al punto che le fruste che Barbara aveva previdentemente preparato per tenere a distanza a dominare la disgustosa protesi restavano inutilizzate nell'armadio.

Orazio si produceva in lunghi e instancabili appostamenti e pedinamenti di Giorgio e forniva a Barbara descrizioni accurate sul piano fattuale quanto prive di qualsiasi risvolto psicologico. Ma poco importa: tutto ciò era largamente sufficiente. Perché, quando l'informazione era interessante, Barbara trovava il modo di incontrare Giorgio e di metterlo di fronte a ciò che aveva saputo, per saggiare la sua reazioni, traendone una vere messe di conclusioni rilevanti. Un evento particolarmente significativo fu quando Barbara lo costrinse ad ammettere di essersi recato in un'enoteca con una donna di cui descrisse accuratamente le fattezze. Giorgio reagiva con sconcerto e confusione, riassumendo a tratti quella caratteristica aria da gallina bagnata che aveva mostrato nella sua prima apparizione. L'essere posto così brutalmente di fronte ai fatti da lui commessi lo confrontava duramente con lo stato tuttora indistinto e confuso delle sue sensazioni, con il modo caotico con cui tentava di farsi strada la sua incontenibile aspirazione sentimentale di trovare il "grande amore della vita" (espressione questa che apre uno squarcio sullo strano impasto di dedizione e velleitarismo del nostro singolare personaggio). Così Barbara sentiva di aver ripreso il dominio totale della situazione e di poter non soltanto seguirne nei minimi dettagli l'evoluzione, ma di comprenderla in modo persino più profondo di prima: le reazioni sconcertate di Giorgio di fronte alle sue "rivelazioni" erano come il risultato di una reazione chimica provocata dall'immissione di un catalizzatore da lei gettato nel confuso composto che si trovava di fronte. Un colore nuovo si manifestava nel composto ed era così facile trarre delle conclusioni.

Questi risultati positivi incitarono Barbara ad utilizzare Orazio nel modo più estensivo: gli venne ordinato di seguire Giorgio notte e giorno e questa decisione fu forse all'origine dell'evento di cui ora parleremo.

Il dramma che costituisce il nucleo della nostra storia avvenne purtroppo per Barbara abbastanza presto.

Fu una sera d'inverno. Orazio si presentò per il consueto rapporto e fece la descrizione di una nuova donna con cui Giorgio si vedeva periodicamente. Barbara annotò diligentemente i dati e, alla prima occasione, pose Giorgio di fronte alla nuova "rivelazione". Lo sconcerto fu totale. Il malcapitato negava di conoscere qualsiasi donna del genere, frugava nella memoria senza successo, protestava la propria innocenza. La descrizione di occhi, capelli, viso ed altre fattezze non conduceva da nessuna parte. La serata fu tempestosa. Barbara accusò con veemenza Giorgio di doppiezza, di falsità, di nasconderle parte della sua vita. Si sentiva vicinissima ad un nucleo importante: era là, in quella verità negata, che si doveva nascondere qualcosa di cruciale che le era finora sfuggito. Ma non ci fu nulla da fare: Giorgio continuava a protestare in modo persino disgustosamente supplichevole la propria innocenza. Non riusciva a identificare quella donna. L'incontro si concluse in modo freddo e Barbara tornò a casa rabbiosa e rabbuiata, sentendosi a un passo da qualcosa che le sfuggiva senza poter riuscire a catturarlo.

Quel che aggravò la situazione fu il fatto che Orazio riferì altre volte che Giorgio si era incontrato con la stessa persona. Si tentò persino di farne un identikit ma non se ricavava nulla. E, d'altra parte, ogni pressione su Giorgio risultava inutile: costui appariva anzi sull'orlo del collasso nervoso e dichiarava di sentirsi frustrato nel vano tentativo di farsi credere. L'ira e l'impotenza di Barbara erano ormai alle stelle.

Una sera Barbara rientrò da un ennesimo infruttuoso incontro con Giorgio, pallida ed esausta. Sopraggiunse Orazio che le propinò il consueto rapporto: ancora una volta parlò di un incontro con la fatidica e misteriosa donna. Una vampata furente e gelida invase Barbara che si rese improvvisamente conto che la sua ira si indirizzava tutta verso Orazio Spampinato, quell'insulso e ignobile conglomerato di tutto ciò che esisteva di più vacuo, volgare e stupido sulla terra. Aprì l'armadio, ne estrasse una frusta e cominciò lentamente a colpirlo. Il poveretto subiva la punizione quasi in silenzio e, nei momenti di pausa, in cui riusciva a riprendere fiato, non trovava di meglio che ripetere ossessivamente il suo rapporto. Barbara estraeva allora un'altra frusta, più lunga e più spessa e colpiva sempre più forte. « Parla, idiota, dimmi chi è quella donna, rifiuto del genere umano! », sibilava furente. Ma Orazio non riusciva altro che a ripetere il solito ritornello. La scena continuò in un crescendo drammatico. Finché Barbara, sull'orlo del collasso nervoso, estrasse dall'armadio un lungo gatto a nove code che terminavano con degli affilati pesi di piombo. Sollevando con il dito la ciocca di capelli, mentre il labbro inferiore le si contraeva in uno spasmo di supremo disprezzo e il suo sguardo copriva di gelo Orazio, sollevò al massimo il braccio che teneva la frusta. La manica ricadde fino alla spalla mostrando il muscolo contratto allo spasimo. Il braccio si abbatté con estrema violenza. Si sentì un gemito e accadde l'inverosimile. Fu come se quel colpo di suprema violenza avesse spremuto nel corpo vuoto di Orazio l'unica briciola di ragione che vi albergava. Fu come se una folgorazione avesse reso possibile l'unico sforzo di connessione mentale di cui il poveretto poteva essere capace. Abbattendosi al suolo sospirò: « Quella donna sei tu, padrona…». E perse i sensi.

Un velo nero annebbiò gli occhi di Barbara. La frusta cadde a terra dalla mano semiaperta. Si abbatté sul divano come un sacco vuoto, con lo sguardo vitreo. Fu come se un intero universo di certezze analitiche fosse crollato.

Persino chi scrive, di fronte al carattere straordinario della vicenda e per quanto non gli sia nuova, non riesce a contenere la propria sorpresa ed emozione. E, per quanti commenti e riflessioni essa susciti, non riesce a farli in questo momento. Ritorneremo sull'argomento in un'altra occasione, quando ci sembrerà di poterlo fare in modo più distaccato, lasciando al lettore di riflettere sui molteplici significati degli eventi che abbiamo narrato con il massimo di oggettività di cui siamo capaci. 

 

Ó Giorgio Israel.

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